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Viaggio nell’Italia contemporanea con Marcello Veneziani per un ritorno agli antichi splendori

Viaggio nell’Italia contemporanea con Marcello Veneziani per un ritorno agli antichi splendori

Il viaggio è un topos ricorrente in letteratura e simboleggia il percorso dell’uomo verso la compiutezza spirituale.

Durante un viaggio si fanno nuove scoperte, si incontrano nuove persone e si intessono altrettante relazioni, si ama, si soffre.

E il “Viaggio nell’Italia contemporanea” compiuto ieri, 4 agosto, con lo scrittore Marcello Veneziani attraverso le sue opere nel Chiostro dell’ex Convento dei Domenicani a Ruvo di Puglia è stato un momento per scoprire (o riscoprire) la nostra Bellezza appannata, che aspetta di ritornare alla luce.

L’incontro – conversazione  è stato organizzato da Azione Popolare per Ruvo, fondata da Cosimo Schinaia che ha ringraziato per la sua presenza sia lo scrittore, in Puglia per pochi giorni, sia la giornalista Ada Fichera con la quale Veneziani ha dialogato.

E’ stato un dialogo dove è emerso il tema della nostalgia, del “nostos”, del viaggio di ritorno in Italia e in Puglia, del ritorno a una floridezza che si rischia di perdere se non si lotta per migliorare lo stato di vita attuale nella nostra nazione.

“Il mio ritorno in Puglia è sovente letterario, sentimentale, poco fisico ma l’identità pugliese resta forte” afferma Veneziani, perché si può essere lontani dalla propria patria, dalla propria regione, dalla propria città ma non perdere le proprie radici. E lui lo sa bene, lui che, giovanissimo, partì per Roma per vivere la grande avventura del giornalismo – “non sono andato oltre perché la Capitale mi ricorda il Sud”.

Si potrebbe citare questa battuta “Plus je vis d’étrangers, plus j’amais ma patrie”più stranieri io vidi più la mia patria amai (atto II, scena III , Le Siège du Calais di Pierre – Laurent Buirette detto Du Belloi). E mi perdoni Marcello Veneziani se non uso il latino a lui tanto caro e ingiustamente trascurato nella sua stessa culla ma tanto amato dagli altri europei, come dimostrano le Summer Schools aperte dai nostri connazionali su richiesta dei britannici e le conferenze aziendali in terra di Germania. “Eppure dovremmo avere una connessione verticale coi nostri avi, un legame coi loro valori che si trasferisce ai posteri” chiosa Veneziani.

La consapevolezza di quanto la nostra cultura sia amata all’estero, di quanto noi siamo ammirati e invidiati ma incapaci di uscire da una condizione di svilimento, ha portato a parlare della fuga dei cervelli dall’Italia e dal Sud in particolare, che coinvolge anche le persone più mature per le quali Veneziani parla di “sublimazione del suicidio” perché “muoiono in patria per andare a vivere altrove”.

Tutto questo è causato dall’inadeguatezza della classe politica a elaborare azioni economiche efficaci, che non si traducano in una svendita del nostro patrimonio e del nostro know – how ,come sta accadendo attualmente a beneficio dei Paesi asiatici. Ma questo è dovuto anche alla mancanza di meritocrazia politica – ma è un fenomeno che coinvolge tutte le sfere –  al fatto che sugli scanni dei palazzi di potere siedano persone senza un passato politico, senza una cultura politica. Spesso le leggi nascono sull’onda emotiva conseguente a eventi funesti; manca una costanza nell’efficienza. “Viviamo nel presente, non custodendo il passato  senza tenere conto del futuro.”

La politica in Italia, attualmente,  è il foscoliano cadavere che non va spostato “per non sentire più sozzo il fetore”, è il frutto dell’avidità di chi pensa al suo particolare, ai propri interessi.

Mentre la vera Politica è costitutiva dell’agire umano e deve restituire il piacere di essere parte di una comunità.

Veneziani cita Liutprando, re dei Longobardi, che affermò “Gli italiani amano avere due padroni tra cui barcamenarsi”: ecco occorre recuperare l’orgoglio di divenire padroni di noi stessi senza essere asserviti a poteri esterni, di natura politica ed economica. Una delle pecche degli italiani è quella di sentirsi profondamente tali ma di avere uno scarso senso dello Stato, denuncia lo scrittore.

A una domanda di Ada Fichera sulla questione “immigrazione”, Veneziani assume toni di pacata polemica. E’vero, il 93% dei migranti che raggiungono l’Italia, lasciata sola a gestire l’emergenza, fuggono dai Paesi in guerra ma tra questi si nascondono anche islamisti radicali, terroristi. Attacca Laura Boldrini, Presidente della Camera, Sergio Mattarella, Capo dello Stato e il “Presidente della Chiesa”, Papa Francesco per la loro retorica dell’accoglienza. Bisogna sì dare asilo ma avere anche un polso forte che passa attraverso l’imposizione dello studio della lingua e della cultura italiana, senza annullare le proprie radici, affinché si realizzi una perfetta integrazione. Non bisogna dimenticare che molti terroristi, molti affiliati Isis che hanno compiuto le stragi sono immigrati di seconda generazione,  sono nati in Europa ma non ne hanno spesso accolta e condivisa la cultura.

In “Lettera agli italiani” scrive che l’Italia è una visione e non un selfie. L’Italia è splendida, ma la sua bellezza è, ora, appannata. Essa dovrebbe essere Vita, invece; dovrebbe favorire lo sviluppo economico e sociale perché la bellezza dei nostri paesaggi, soprattutto quelli pugliesi, ha una potenzialità notevole nell’attrarre persone.  “Il Pil della felicità in Italia, in Puglia è alto, nonostante tutti i disservizi. Manca lo sviluppo economico”.

Ada Fichera, siciliana trasferita a Roma, fa una domanda che è un po’ rivolta anche a sé stessa: il rapporto tra Veneziani e il mare.

“Il Mare è Mater” e nel mare si viaggia alla ricerca di un senso, della luce, di un significato. Noi siamo come Ulisse che, nonostante fosse incantato dalle sirene simbolo dei sogni, non ha perso il suo obiettivo che è quello di ritornare a Itaca, come noi dovremmo ritornare agli antichi splendori.

E per farlo dobbiamo combattere, animati dall’amor fati, dalla consapevolezza che le nostre azioni, eroiche, compiute per cambiare lo stato attuale possono essere vane ma non sarà vanificato il nostro ardimento, il nostro spirito. La pecca degli italiani, a volte, è il fatalismo, la rassegnazione supina agli eventi conseguente all’inazione.

Per rinascere, per ritornare a essere magnifici, noi italiani, noi meridionali dobbiamo “rovesciare la clessidra”, dobbiamo rimboccarci le maniche per raggiungere questo obiettivo.  Dobbiamo ricominciare dal “mito dell’Italia”.

Per far questo, un primo passo è la valorizzazione dei talenti nostrani che devono ritornare in patria, una patria amata.

La lotta sarà dura e se dovessimo soccombere – ma ce la faremo – l’anima sarà salva.

 Perché l’anima, la nostra anima sopravvivrà.

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