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CASO SAVI, INTERROGAZIONE DEL SEN. QUAGLIARIELLO AL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA: “QUALI STRUMENTI SARANNO INTRODOTTI PER TUTELARE I FAMILIARI DELLE VITTIME?”

Le dodici ore di permesso “premio” concesse ad Alberto Savi hanno scosso l’opinione pubblica nazionale. Per tutelare i familiari delle vittime della Uno Bianco, tra cui quelli del ruvese, Cataldo Stasi, il sen. Quagliariello, presidente di “IDeA – Popolo e Libertà” ha presentato un’interrogazione al Ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Ecco il testo integrale della lettera.

Da fonti stampa è stato reso noto che a fine gennaio 2017 il Tribunale di Sorveglianza di Padova avrebbe concesso un permesso premio di dodici ore al detenuto Alberto Savi;

l’autorizzazione da parte del Tribunale al permesso di Savi sarebbe stata motivata dal parere favorevole del team di esperti (psichiatri e psicologi) che avrebbe analizzato le relazioni della polizia penitenziaria e degli operatori del carcere;

risulta che nel 2010 analoga richiesta sarebbe stata negata e, anche nella circostanza oggetto del presente atto, la Procura della Repubblica avrebbe espresso parere ostativo alla concessione del premio, proponendo ricorso avverso l’autorizzazione riconosciuta al Savi;

Considerato che Alberto Savi, 52 anni, è detenuto nel carcere di Padova da 23 e sconta una condanna all’ergastolo per gli omicidi della famigerata “banda della Uno bianca”; all’epoca dei fatti Savi era poliziotto della questura di Rimini. Insieme ai fratelli maggiori, Roberto (capo della banda e in quel periodo assistente capo della questura di Bologna), e Fabio (artigiano e trasportatore), faceva parte della banda che sconvolse l’Emilia Romagna e le Marche; la carriera criminale di Alberto Savi nella banda iniziò il 19 giugno 1987, con l’assalto al casello autostradale di Pesaro, e finì con l’arresto del 26 novembre 1994. Assieme ai fratelli egli terrorizzò l’Italia con rapine, sparatorie e omicidi. La banda della Uno Bianca provocò la morte di 24 persone e il ferimento di altre 102, mettendo a segno più di un centinaio di azioni delittuose, fra le quali l’uccisione del Carabiniere Cataldo Stasi – insignito della Medaglia d’oro al valor civile (alla memoria) – nato a Ruvo di Puglia (BA), colpito a morte mentre effettuava un controllo degli occupanti un’autovettura in sosta.

Considerato infine che: pur potendo rientrare nei parametri di legge, la decisione del Tribunale non manca di suscitare seri interrogativi considerata la particolare efferatezza dei crimini compiuti dalla banda criminale e le sofferenze inflitte alle vittime, ai loro familiari e alle loro comunità; risultano casi di permessi negati a detenuti che ne ha avevano avanzato motivata richiesta e che scontavano la pena della reclusione per crimini non di sangue e certamente meno efferati di quelli compiuti dal Savi; a una diversa determinazione avrebbe potuto condurre una maggiore considerazione per i congiunti delle vittime, che difatti non hanno mancato di manifestare pubblicamente il proprio sconcerto.

Si chiede di sapere: se fosse a conoscenza di quanto esposto; se e quali strumenti ritenga necessario introdurre nel nostro ordinamento per garantire una maggior tutela alle vittime di reati, soprattutto se violenti, nonché ai loro familiari.

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