Agricoltura

CAPORALATO: COLDIRETTI PUGLIA, ESTENDERE LEGGE A IMPORT; MEZZA AGRICOLTURA DIPENDE DA LAVORO STRANIERI

Dalle conserve di pomodoro cinesi all’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya, quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero – denuncia Coldiretti Puglia –  non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori – a partire da quella sul caporalato – vigenti nel nostro Paese.

“La preoccupazione delle imprese pugliesi – sottolinea il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele –  è che per una qualsiasi lieve omissione commessa, prima punita con una sanzione amministrativa anche di poche decine di euro, domani ci si possa trovare a rispondere di un grave reato penale davanti ad un Giudice, imputati e trattati alla stessa stregua del più becero caporale, rischiando sia la galera che la confisca dell’azienda.”

Secondo il Rapporto di Eurispes e dell’Osservatorio sulla criminalità in agricoltura di Coldiretti, presieduto da Giancarlo Caselli e composto da circa 60 magistrati tra cui, Motta, Baldanza, Di Marzio, Giambrotta, la norma contro il caporalato, in fase di applicazione, dovrà contenere un elemento centrale  capace di distinguere inequivocabilmente chi oggi lavora e produce in condizioni di legalità da chi opera in condizioni di sfruttamento e di illegalità del lavoro, promovendo il valore dei primi e reprimendo duramente l’operato dei secondi. La natura delle doglianze del mondo imprenditoriale  – secondo il Rapporto – è, quindi, legata esclusivamente alle modalità con le quali verrà data applicazione alla norma, e non certamente alla sua finalità, che non solo sono pienamente condivise, ma di cui se ne sentiva obiettivamente anche la necessità.

I prodotti dell’agricoltura italiana passano nelle mani dei lavoratori stranieri che rappresentano circa il 25 per cento del numero complessivo di giornate di occupazione del settore e rappresentano quindi una componente indispensabile per garantire i primati del Made in Italy alimentare nel mondo. Con 340mila stranieri assunti regolarmente in agricoltura interi distretti produttivi di eccellenza del Made in Italy – sottolinea la Coldiretti – possono sopravvivere solo grazie al lavoro degli immigrati. Una grande risorsa dell’agricoltura pugliese che – conclude la Coldiretti – va valorizzata e difesa da inquietanti fenomeni malavitosi che umiliano gli uomini e il proprio lavoro e gettano una ombra su un settore che ha scelto con decisione la strada dell’attenzione alla sicurezza alimentare e ambientale.

Da sottolineare, poi, che la filiera agroalimentare, dalla produzione agricola al commercio all’ingrosso fino ad arrivare alla distribuzione organizzata, non è quasi mai governata – aggiunge Coldiretti Puglia – da leggi che contrastino efficacemente l’abuso di potere economico da parte di alcune componenti della filiera rispetto ad altre più deboli.

“Pertanto, le imprese agricole, che storicamente sono l’anello debole della filiera agroalimentare, sono sottoposte alla forza soverchiante della grande distribuzione e dell’agroindustria – aggiunge il Presidente Cantele – non riescono a raggiungere un prezzo equo dei prodotti agricoli che tenga conto del costo di tutti i fattori della produzione – e di questi un fattore determinante è il lavoro – devono assistere impotenti al comportamento di soggetti che approfittano della disponibilità di manodopera a basso costo sul mercato interno ed internazionale e, per di più, devono affrontare il “caporalato bianco” della competizione tra prodotti italiani e stranieri, agevolati questi ultimi da forme di “dumping sociale e sanitario” che consente loro di ottenere il miglior prezzo possibile sul mercato.

Senza dimenticare che “sfruttamento” nei confronti degli imprenditori agroalimentari è avvalersi – conclude Coldiretti Puglia – impunemente del cosiddetto “italian sounding”, comportamento molto subdolo e difficile da individuare che priva i nostri produttori agricoli di miliardi di euro e l’intero settore di milioni di posti di lavoro regolare.

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