E’ boom di imprese straniere in Italia: oltre 7mila aziende non italiane hanno aperto i battenti nel 2016. Un dato che non basta però a fermare la desertificazione delle attività commerciali: più di 2 mila le imprese che hanno chiuso nel corso dell’anno mentre oltre 5 mila negozi sono ‘spariti’. E’ una indagine dell’Osservatorio di Confesercenti a fotografare l’affanno in cui versa il commercio al dettaglio. Tra i settori di punta degli stranieri moda, tessile, frutterie; in crescita gli ambulanti.
Secondo l’indagine di Confesercenti, dunque, ad agosto 2016 le imprese straniere nel settore superano le 160mila, il 18,5% del totale con un aumento di circa 7mila attività rispetto allo stesso periodo del 2015. Ma questo boom non basta a fermare “la desertificazione” incombente: nello stesso periodo, infatti, il settore perde complessivamente quasi 2mila imprese, con un vero e proprio crollo dei negozi: il commercio in sede fissa registra infatti la sparizione di oltre 5mila attività.
La crescita di imprese a titolarità estera è infatti concentrata soprattutto nel commercio ambulante, dove gli imprenditori non italiani sono oramai diventati la maggioranza: ad agosto 2016 le attività guidate da stranieri sono 103mila, il 53,1% del totale ed il 4,9% in più rispetto allo scorso anno. Particolarmente alta l’incidenza degli imprenditori stranieri tra i banchi dedicati al commercio di tessile e moda (66%).
Anche nel commercio al dettaglio in sede fissa, gli stranieri preferiscono moda e tessile: in questa tipologia, infatti, circa 9 imprese su 100 sono straniere, per un totale di oltre 11.500 attività. A crescere più velocemente, però, sono le frutterie non italiane, in aumento dell’11,8% nell’ultimo anno. Si registrano aumenti consistenti anche per le imprese straniere attive nel commercio di apparecchiature informatiche e per le telecomunicazioni (+11,2%), nei negozi di ferramenta e costruzioni (+6,4%), nelle macellerie (+6,8%) e nell’alimentare in generale (+6,3%). In diminuzione, invece, i negozi di articoli sportivi (-2,1%) e di giochi e giocattoli (-0,3%).
Rimane sotto i livelli medi, invece, il dinamismo dell’imprenditoria straniera nel commercio al di fuori dei banchi e dei negozi. In questo comparto, che include la vendita porta a porta, quella via posta e l’eCommerce, la presenza di imprese non italiane è consistente, quasi una su tre, ma la crescita nell’ultimo anno è stata praticamente nulla (solo 95 attività in più), contro un aumento complessivo di 1.300 attività (+3,5%).
Anche dal punto di vista dell’occupazione, si legge ancora nel Report Confesercenti, le imprese straniere si confermano più dinamiche della media: secondo le stime dell’Osservatorio ad agosto 2016 il settore del commercio registra oltre 1.752.488 addetti, circa 36mila in più rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Ma anche in questo caso gli addetti delle imprese non italiane crescono ad un ritmo circa sette volte superiore (+8,7%) a quello della media del settore (+1,7%). Ma il dinamismo pur positivo nasconde criticità importanti: le imprese guidate da titolari non italiani, infatti, spiega Mauro Bussoni, segretario generale di Confesercenti, hanno un ciclo di vita notevolmente più breve della media del settore.
Oltre un terzo delle attività, spiega ancora, “chiude entro i due anni dall’apertura perché investono poco, come dimostra la concentrazione di stranieri in attività marginali, come nel caso delle frutterie, o comunque destrutturate, come il comparto del commercio su aree pubbliche, in cui l’avvio di impresa ha un costo notevolmente inferiore rispetto a quelli di un negozio tradizionale”. Non solo. “L’imprenditoria straniera nel commercio ambulante, poi, presenta anche gravi segnali di irregolarità”, denuncia ancora Bussoni che ricorda come dall’analisi delle banche dati Inps emerga come quasi 100mila imprese di commercio su aree pubbliche, di cui più di 70mila (l’83%) a titolarità straniera, non abbiano mai versato un contributo negli ultimi due anni.
Fonte Adnkronos
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